Chissà come dicono minchia in Malesia. Un titolo estroso, come estroso è il protagonista di questo romanzo che narra di un viaggio: il viaggio in Malesia.
La narrazione trae ispirazione da un’esperienza reale che l’autore Gualtiero Sanfilippo si trova a vivere un po’ per caso un po’ perché la sua inarrestabile curiosità e voglia di conoscere lo portano a scegliere la Malesia. Ultima meta disponibile secondo l’organizzazione cui si appoggia per il viaggio, dato il suo inglese molto limitato, su cui ironizzerà per tutta la narrazione e che si trasformerà in un suo tratto caratteristico capace di incuriosire e fare innamorare di sé i timidi occhi orientali.
La Malesia, terra tanto sconosciuta quanto ammaliante, donna che nel suo ventre accoglie gli uomini, li seduce con il suo canto da sirena promettendo loro la conoscenza. La Malesia con le sue giungle piene di insidie nascoste, le sue rafflesie che sfidano l’eternità in un solo giorno, le scimmie che per le strade rubano macchine fotografiche, i varani che sotto i letti passano la notte, i bagni che costringono a sfruttare quanto più possibile l’immaginazione, le isole selvagge popolate da antichi serpenti leggendari, le città megalattiche che con le loro luci costringono gli occhi a strisciare per le strade piene di locali, le due torri – le Petronas Tower – due braccia tese al cielo, i templi induisti, i diecimila Buddha con il simbolo della svastica sul petto che significa pace, e le moschee che con i loro mattoni rossi e bianchi galleggiano sul mare, l’odore di frittura e la cucina come ricerca dell’equilibrio tra caldo e freddo, giorno e notte, yin e yang. La Malesia, via vai di culture e religioni che si incontrano per le strade dove i topi hanno la precedenza sui gatti senza coda e si versano le une nelle altre come i bambini che per strada giocano le loro partite di calcio sotto la pioggia che confonde il tifo e bagna chiunque abbia il coraggio di mettersi in gioco.
2 Responses
Gualtiero Sanfilippo
Grazie Sandokan
fabtravel.altervista.org
In lingua bahasa minchia si dice ZAHAR.
La cosa comica e’ che la stessa parola in lingua romena significa ZUCCHERO